Panikit promuove la salute mentale e l’educazione alla salute.
Panikit offre consigli e informazioni per gestire gli attacchi di panico, per aiutare chi ne soffre e per parlarne a scuola.
Panikit è stato costruito per e con la partecipazione di giovani che hanno esperienza di attacchi di panico.
Panikit è accessibile e gratuito, disponibile anche online.
Panikit crede nel diritto alla salute e vuole contrastare le disuguaglianze sociali relative ad essa.
Panikit è basato sulle più recenti evidenze scientifiche.
Panikit ha già aiutato moltə studentə a gestire gli attacchi di panico e a parlarne a scuola
Provare stati di ansia è normale, soprattutto in alcune fasi di vita: l’ansia non è una malattia, anche se troppa ansia, per troppo tempo, può affaticarci e condizionare la nostra vita.
L’ansia è uno stato di tensione psico-fisica caratterizzato da manifestazioni corporee, spesso, ma non sempre, in reazione ad uno stimolo (ad es. un evento futuro che ci preoccupa). L’ansia ci manda un segnale, attraverso il corpo, che ci parla della nostra vita e di noi (vedi FAQ n°5).
Devi sapere che l’ansia (se ne hai) è come una sorella o un fratello, anzi è come l’aria: non si può fare senza. È necessaria per vivere e sopravvivere ma, esattamente come l’aria, troppa può gonfiarci o spaventare, mentre troppo poca può mandarci in apnea.

Ricorda: di ansia non si muore!

Gli attacchi di panico sono episodi di forte malessere, spesso improvvisi, inaspettati e incontrollabili, che coinvolgono la mente e il corpo. Una sensazione spaventosa per chi li prova.
È importante sapere che l’attacco di panico è temporaneo, ha un picco massimo e passa in un arco di tempo limitato (vedi FAQ n°2). Non esiste un modo unico di viverli, né di gestirli, attraversarli e superarli, anche se tutti gli attacchi di panico hanno caratteristiche comuni. La prima volta che ne viviamo uno è terribile, perché non capiamo cosa sta succedendo.
Gli attacchi di panico sono come una spia luminosa nel cruscotto della macchina: vorremmo spegnerla ma dobbiamo farci attenzione, serve a segnalarci che qualcosa non va (vedi FAQ n°3).
Riconoscere i segnali che anticipano un attacco di panico può essere utile per gestirli, ma attenzione! Potresti confondere normali sensazioni corporee come un po’ di affanno, o un calo di pressione, come l’inizio di un attacco di panico e di conseguenza autoalimentare la sensazione di pericolo fino ad aumentare le sensazioni spiacevoli.
Quelli che seguono sono alcuni spunti che possono aiutarti a sentirti maggiormente sicurə e capace di superare il picco di malessere. Speriamo che possano aiutare anche te o le persone a cui vuoi bene.

Se hai già avuto attacchi di panico, oltre al supporto di amici e professionisti, che potrebbe esserti d’aiuto, ti consigliamo di imparare la respirazione diaframmatica.
1.Mettiti in una posizione comoda, rilassati, concentra la tua attenzione sulla pancia. Per sentire il diaframma, poni una mano sulla pancia e una sul petto. L’obiettivo è far alzare la mano poggiata sulla pancia, mentre quella posizionata sul petto deve restare ferma.
2. Inizia a respirare. Inspira dal naso e concentrati nel riempire la pancia di aria.

3. Poi espira lentamente dalla bocca. Quando espiri, apri la bocca e lascia uscire l’aria senza contrarre i muscoli addominali né inarcare la schiena. Porta la tua attenzione alla mano sul petto: questo non si deve alzare, deve rimanere fermo. Se si muove, significa che non stai sfruttando il diaframma.
4. Immagina di gonfiare un palloncino dentro la tua pancia con l’aria che inspiri.
Ci vorrà un po’ di tempo: facendo esperienza, noterai che il petto rimarrà sempre più fermo e l’aria che inspiri andrà direttamente nella tua pancia.

Concentrati sul tuo respiro: prova a controllarlo, visualizza l’aria che entra e che esce dai tuoi polmoni, respira lentamente. Inspira ed espira contando, lentamente, fino a 5.
Fermati, rimani dove sei: non devi andare da nessuna parte, non metterti fretta o agitazione, interrompi ciò che stai facendo e recupera la tua concentrazione.
Concentrati sui tuoi sensi, ancorati a questi: ad esempio, mangia una caramellina e concentrati sul suo sapore, oppure tocca, accarezza, concentrati su qualcosa di morbido al tatto, ascolta della musica rilassante o che ti piace; se puoi, cammina a piedi scalzi.
Cerca, se ne senti il bisogno, una persona che ti può rimanere accanto per il tempo necessario e che ti fa sentire al sicuro.

È andata, è passato, sei ancora vivə. Sappi che potrebbe ricapitare. Nessuno può sapere se accadrà, ma non spaventarti e non cercare di evitare che succeda di nuovo.

È più utile imparare a riconoscere i segnali che il tuo corpo e la tua mente ti mandano e a controllare il tuo respiro. Fai mente locale su cosa ti ha aiutato a superare questo momento difficile, e cosa invece lo ha reso più complicato.
Prenditi cura di te: ascolta il tuo corpo; probabilmente sarai affaticatə. Potresti avere bisogno di riposare, di stare un po’ da solə oppure in compagnia, di ristoro. Autorizzati a fare quello che preferisci e ti fa stare bene.
Parla con qualcunə di cui ti fidi: quando te la sentirai, potresti parlare di quello che è successo a qualcunə; ti aiuterà a sentirti meno solə. Potresti dirlə come riconoscere quel che sta per capitarti e cosa fare per aiutarti.
Non disperare: non sei destinatə ad avere l’ansia per sempre!
Non esiste un modo univoco e sicuramente efficace per aiutare chi sta avendo un attacco di panico, ma di certo devi sentirtela. Potrebbe essere d’aiuto comunicare con chi subisce un attacco di panico con domande semplici e dirette, non necessariamente con le parole. A volte può bastare lo sguardo o un gesto indovinato.
Prova a rimanere calmə, sii paziente e non giudicante.
Parla con calma e gentilezza alla persona che credi stia avendo un attacco di panico e comunica che tu sei lì per lə, con lə.
Incoraggialə a sedersi.
Invitalə a respirare lentamente e profondamente, contando ripetutamente ad alta voce fino a 5 oppure aprendo e chiudendo le braccia. Prova a respirare con lə.
Chiedi come puoi renderti utile, se ha bisogno di contatto fisico (una mano stretta, un braccio su una spalla) o visivo (focalizzare la sua attenzione su di te, guardandoti e respirando insieme).
Aspetta che la situazione sia rientrata.
Una volta finito l’attacco di panico, se ritieni che sia il caso, puoi provare a parlarne con lə direttə interessatə e invitarlə, senza insistere, a cercare un aiuto professionale.
Se ti rendi conto di sentirti insicurə, o temi di non riuscire a essere rassicurante, meglio NON intervenire.

Non lasciarlə da solə.
Non fare mai soffiare dentro un sacchetto di carta o plastica (vedi FAQ n1).
Non dire mai “calmati” o “non c’è nulla di cui avere paura”.
Non mettere ansia o pressione.
Non tentare di essere logici o razionali.
Non negare o sminuire le paure.
L’ansia e gli attacchi di panico non sono slegati dal resto della vita. Non possiamo prendercene cura senza prenderci cura di noi stessə. Anche in questo caso, prevenire è meglio che curare. Ma prendersi cura di sé non è facile per tuttə allo stesso modo.
Ci sono condizioni di vita, familiari e sociali, fuori dal nostro controllo, che non dipendono dalla nostra volontà, che possono aiutare oppure ostacolare. In ogni caso è importante, per quanto possibile, adottare stili di vita sani:
Mangia bene e vario, bevi molta acqua, limita le bevande zuccherine.
Se non sei unə sportivə, cammina e muoviti almeno 30 minuti al giorno.
Coltiva buoni rapporti sociali e interazioni personali di qualità.
Partecipa alla vita sociale e coltiva l’appartenenza ad una comunità.
Dormi e riposa bene, almeno 8 ore al giorno e con il telefono spento. Lascia da parte il cellulare, almeno per qualche ora, soprattutto di notte: l’esposizione eccessiva ai social media è associata a maggior rischio di ansia.

La salute mentale è un diritto fondamentale di ogni persona. Come ogni diritto, è influenzata da molti fattori e condizionata dalla tutela di numerosi altri diritti. Condizioni e contesti di vita possono infatti agevolare oppure ostacolare la salute fisica e mentale di singolə individuə e intere comunità. Per questo, le persone che provengono da condizioni sociali sfavorevoli sono più svantaggiate anche in termini di salute.

Spesso si parla del disagio e delle malattie dellə giovani trascurando le condizioni e il contesto in cui vivono e crescono. La scuola, con le sue dinamiche, strutture e valori, riflette il sistema sociale più ampio in cui tutti siamo immersi, e per questo motivo è un ottimo luogo da cui partire e impegnarsi per costruire una società più equa e sana.
La scuola ha un ruolo determinante in questo senso e, attraverso i suoi servizi e i suoi operatori, può promuovere salute e benessere oppure disagio e malessere nellə adolescenti e nelle persone che la vivono.
In particolare, lə prof. e il personale scolastico hanno un ruolo centrale nel sostenere oppure compromettere il benessere emotivo dellə studentə che incontrano.
È fondamentale poter parlare apertamente e in maniera appropriata di salute mentale per aumentare la sensibilità sociale e superare lo stigma che, in tutti i contesti, spesso accompagna chi vive condizioni di disagio e malessere, come ad esempio gli attacchi di panico..


Le informazioni disponibili sul tema della salute mentale sono ormai numerose, ma non sempre sono corrette o hanno un impatto positivo sul benessere delle persone: più informazioni non vuol dire necessariamente informazioni migliori.
Disagio e malessere possono cessare. È fondamentale parlare di guarigione e conoscere strategie di supporto e intervento appropriate, sicure ed efficaci (vedi FAQ n°7)
La salute mentale è un diritto fondamentale di ogni persona. Come ogni diritto, è influenzata da molti fattori e condizionata dalla tutela di numerosi altri diritti. Condizioni e contesti di vita possono infatti agevolare oppure ostacolare la salute fisica e mentale di singolə individuə e intere comunità. Per questo, le persone che provengono da condizioni sociali sfavorevoli sono più svantaggiate anche in termini di salute.

Spesso si parla del disagio e delle malattie dellə giovani trascurando le condizioni e il contesto in cui vivono e crescono. La scuola, con le sue dinamiche, strutture e valori, riflette il sistema sociale più ampio in cui tutti siamo immersi, e per questo motivo è un ottimo luogo da cui partire e impegnarsi per costruire una società più equa e sana.
La scuola ha un ruolo determinante in questo senso e, attraverso i suoi servizi e i suoi operatori, può promuovere salute e benessere oppure disagio e malessere nellə adolescenti e nelle persone che la vivono.
In particolare, lə prof. e il personale scolastico hanno un ruolo centrale nel sostenere oppure compromettere il benessere emotivo dellə studentə che incontrano.
È fondamentale poter parlare apertamente e in maniera appropriata di salute mentale per aumentare la sensibilità sociale e superare lo stigma che, in tutti i contesti, spesso accompagna chi vive condizioni di disagio e malessere, come ad esempio gli attacchi di panico..


Le informazioni disponibili sul tema della salute mentale sono ormai numerose, ma non sempre sono corrette o hanno un impatto positivo sul benessere delle persone: più informazioni non vuol dire necessariamente informazioni migliori.
Disagio e malessere possono cessare. È fondamentale parlare di guarigione e conoscere strategie di supporto e intervento appropriate, sicure ed efficaci (vedi FAQ n°7)
Soffiare in un sacchetto di carta può essere controproducente perché riduce il livello di ossigeno nel sangue, il che potrebbe peggiorare i sintomi dell’attacco di panico e aumentare la sensazione di soffocamento o vertigine. È meglio concentrarsi sulla respirazione diaframmatica lenta e controllata, come suggerito da Panikit, per rilassarsi e concentrarsi sul qui e ora.
No, gli attacchi di panico non sono pericolosi e non causano danni permanenti. Anche se sono spaventosi e possono sembrare una cosa grave, sono temporanei e si risolvono spontaneamente in poco tempo. Con il tempo, si impara a riconoscere i segnali, gestirli meglio e prevenirli.
Spesso può sembrare che un attacco di panico si manifesti senza motivo, ma ci sono fattori sottostanti che possono scatenarli, come stress accumulato o situazioni emotivamente difficili. Talvolta, un attacco di panico può essere la reazione “esasperata” a segnali meno evidenti, un SOS lanciato dal nostro corpo per qualcosa che stiamo ignorando o sottovalutando.
Cercare di evitare un attacco di panico in realtà può peggiorare la situazione, alimentando un circolo dell’ansia. È meglio allenarsi ad affrontarlo e attraversarlo. Riconoscere e accettare l’attacco di panico, consapevoli che è temporaneo, può aiutare a ridurre la sua intensità e frequenza.
Gli attacchi di panico sono legati a stati emotivi come ansia, stress, paura, rabbia. Spesso alcune emozioni si camuffano con stati di ansia. È importante cogliere i collegamenti tra le emozioni normali e giustificate, ciò che abitualmente classifichiamo come ansia e l’insorgenza degli attacchi di panico.
Cercare di aiutare una persona che vive un attacco di panico non è semplice, e può capitare di provare noi stessi paura e/o agitazione. Di certo vorremmo che finisse il prima possibile, ma incitare alla calma o cercare di essere logicə durante un attacco di panico può far sentire incompresə o sbagliatə chi ne è vittima, aumentando il suo stato di agitazione.
Gli attacchi di panico non rispondono alla logica del cervello, perché il corpo si trova in uno stato di allerta e paura estremo. È meglio provare ad essere empaticə e fornire un supporto pratico, senza minimizzare la gravità dell’esperienza. Un semplice “sono qui” può fare la differenza.
Gli psicofarmaci sono molti e molto differenti. Tutti possono essere utili ma presentano anche rischi. In particolare, le benzodiazepine, non sono generalmente raccomandate per gli attacchi di panico né affrontano la causa sottostante. Il loro uso è generalmente consigliato solo per brevi periodi e situazioni di emergenza, sotto supervisione medica. Infatti, l’uso prolungato può portare a effetti collaterali significativi tra cui tolleranza, dipendenza fisica e difficoltà nel sospendere il farmaco senza sperimentare gravi sintomi di astinenza. Per questo, il loro uso è sotto osservazione e controllo da parte di molte autorità sanitarie in tutto il mondo.
Cosa genera la sensazione di sicurezza? La sicurezza si trova nel mondo o è in ciascuno di noi? Esiste un rapporto di interdipendenza tra il nostro mondo interno, il mondo esterno e la nostra percezione della sicurezza? Il panico nasce da una sorta di cortocircuito? Cosa succede se iniziamo a pensare che la sicurezza è insita solo in alcuni luoghi a cui non possiamo accedere o se, in altri luoghi, ci convinciamo di trovarci in estremo pericolo?
Facciamo un po’ di chiarezza.
Ammettiamo che esista un mondo interno per ognuno di noi: questo potrebbe essere costituito dalle nostre emozioni, che dovrebbero darci costantemente degli indizi su cosa sta succedendo e prepararci a determinate azioni, per mezzo dei nostri pensieri e delle percezioni.
Il mondo interno, così descritto e immaginato, è reso più o meno accessibile dalle nostre sensazioni e dalle sinapsi del nostro cervello, che lavorano costantemente, e viene filtrato attraverso la nostra storia e i nostri ricordi.
Ammettiamo anche che esista un mondo esterno: questo è comune a tutti gli altri esseri viventi, ma può essere vissuto e letto in maniera peculiare, soggettiva e sensibilmente – o massivamente – differente da persona a persona. Il mondo interno di due fratelli o sorelle, per esempio, per quanto essi vivano nella stessa casa, sarà molto diverso; allo stesso modo funzionerà per il mondo esterno, vissuto ed esperito da persone differenti, o da esseri viventi con diverse traiettorie evolutive o appartenenti a specie differenti: un essere umano e un pinguino non vivranno entrambi il mondo esterno polo sud come ospitale e accogliente!.
Il mondo interno e il mondo esterno sono necessariamente interconnessi e la nostra percezione del mondo esterno influenzerà il nostro mondo interno. se, una volta a destinazione, percepisco il Polo Sud come inospitale e poco confortevole, proverò emozioni di paura e sentimenti di sfiducia e disagio e avrò pensieri circa la voglia di tornare in un ambiente più caldo e ricco di vegetazione e cibo; e viceversa, il nostro mondo interno influenzerà il comportamento che terremo nel mondo esterno: le emozioni di paura, per esempio, tenderanno a orientare le mie azioni verso un migliore adattamento e tirerò fuori dal bagaglio vestiti più pesanti e uno snack che aumenterà i miei livelli serotoninergici!
Forse non a tutti capiterà di visitare l’Antartide, ma a chi non è capitato di entrare nella casa degli orrori di un luna park, o di vedere un film horror? Sono esperienze del mondo esterno che ci attirano perché ci consentono di vivere, internamente, un’ansia e un’emozione di paura che desideriamo e riteniamo desiderabile (a differenza della paura di non trovare cibo commestibile o persone nell’arco di km e km). Quindi anche i nostri desideri e i nostri gusti influenzano e orientano le esperienze che ricercheremo nel mondo esterno.
E, sempre ammettendo che il viaggio sopracitato non sia un’esperienza così comune, forse a quasi ognuno di noi sarà invece successo di vedere nella nostra camera da letto il riflesso del nostro stato d’animo, dei nostri pensieri e delle nostre emozioni: se ci sentiamo confusi e agitati, è probabile che questo si percepisca nel modo in cui organizziamo (o non organizziamo) la nostra stanza, o il nostro studio, o la nostra alimentazione.
Da tutti questi esempi, e da tutto quello che possiamo leggere o aver letto sul Panikit, si può desumere che la sicurezza interna è fondamentale e spesso dipende dal nostro contesto esterno, che può facilitarla oppure ostacolarla.
Per questo motivo è fondamentale cercare e costruire luoghi sicuri in cui si promuovano salute e sicurezza. La percezione della sicurezza, legata sia al mondo esterno sia al mondo interno, può prevenire l’insorgenza degli attacchi di panico o costituire un rimedio efficace e ripetibile.
Gli attacchi di panico, infatti, agiscono proprio sulla percezione della sicurezza e della stabilità, distruggendole via via che questi prendono piede, e nascono da una percezione di insicurezza, allarme e pericolo.
Come sottolineiamo nella nostra guida, l’accesso a un luogo sicuro può estinguere un attacco di panico. Quindi, quando senti il panico che sale, se riesci, potresti provare a raggiungere un luogo che per te è sicuro. Sentirti protetto da mura o paesaggi confortevoli è importante per scatenare quel senso di sicurezza che può prevenire un attacco di panico o aiutarti a riprenderti se ne stai vivendo uno.
Non sempre è però possibile rintanarsi in un luogo sicuro e non tutti possiamo contare su uno spazio che lo sia davvero.Non pensare solo a un posto o a un contesto con insidie e pericoli espliciti, per il nostro pinguino, una calotta piena di foche, ma anche a un luogo con caratteristiche neutre come la tua casa, o la scuola che frequenti; possiamo anche pensare a un posto che non è nemmeno uno spazio fisico, come Internet. Per molti adolescenti tutti questi possono essere percepiti come luoghi non sicuri ed essere fonte di stress e di ansia.
Il sondaggio Ipsos sulla tutela dei minori in Italia, svolto per Save the Children, ha indagato, tra i vari fattori, i livelli di percezione di rischio e di sicurezza nei luoghi maggiormente frequentati (scuole, oratori, centri sportivi, gruppi scout etc.): dalla ricerca è emerso che solo il 7% degli adulti ritiene che i minori siano completamente tutelati e al sicuro da comportamenti inappropriati degli adulti nei luoghi che frequentano abitualmente, e solo il 6% lo pensa riferendosi al web e alle chat usate dai propri figli. Per maggiori approfondimenti, ti invitiamo a visitare questa pagina, dove è possibile scaricare il pdf con la ricerca Ipsos.
Quindi cosa possiamo fare nel caso in cui un luogo sicuro non sia raggiungibile, a portata di mano, o se un luogo precedentemente sicuro diventa ostile?
Una delle esperienze più ricorrenti durante i momenti di panico è proprio la paura che porta a non potere o non volere stare, a fermarsi, per timore che il luogo fisico in cui ci troviamo possa essere pericoloso. Non riusciamo a soffermarci sul nostro corpo e seguiamo una paura che non riusciamo a contenere, vorremmo fuggire o evitare un luogo che viviamo come minaccioso e di fronte al quale indietreggiamo.
A volte può essere utile variare una qualche condizione dell’ambiente in cui ci troviamo, oppure assumere un’altra postura; per alcune persone risultano molto utili le tecniche di grounding, per percepire meglio se stessi e il proprio corpo all’interno dello spazio (per ulteriori approfondimenti, visita questa pagina).
Per cui sappi una cosa importante: il vero luogo sicuro su cui soffermarti e in cui cercare riparo è il tuo corpo. Quella è la tua casa, una delle poche certezze dell’intera nostra vita.
Come avrai letto sul Panikit, il respiro è fondamentale e concentrare l’attenzione su di esso può essere una via maestra per reagire a un attacco di panico o a situazioni che generano molta ansia (qui trovi uno scritto sulla mindfulness e sui benefici della pratica della respirazione e se sei interessato a questa pratica, che trae le sue origini dall’antica meditazione, autori come Thich Nhat Hanh e Jon Kabat-Zinn possono fare proprio al caso tuo!).
Come abbiamo suggerito poco fa, la sicurezza interna è fondamentale per il benessere percepito, per le possibilità di crescita, esplorazione e cambiamento, ed è spesso connessa al nostro contesto esterno, che può facilitarla oppure ostacolarla.
I recenti sviluppi climatici e il relativo battage mediatico non sono rassicuranti, e anzi non fanno che incrementare la sensazione di pericolosità e di insicurezza attribuita proprio al mondo esterno. Come leggiamo dal policy brief dell’OMS: “i numerosi studi sull’impatto dei cambiamenti climatici su individui e comunità hanno riguardato in gran parte la salute fisica, ma è ormai dimostrato che l’aggravamento clima, correlato dei molti fattori di rischio socio-ambientali, influenza pesantemente – in maniera diretta e indiretta – la salute mentale e psicosociale, e ciò provoca stress e peggiora le condizioni di salute soprattutto per le persone più vulnerabili, tra cui persone con pregressi problemi mentali.” .
In un manuale dedicato agli attacchi di panico non potevamo che parlare di ansia e di tutte le forme che questa può prendere nel corpo e nei pensieri, e non possiamo perciò tralasciare il concetto di «eco-ansia». Si tratta della “profonda sensazione di disagio e di paura che si prova al pensiero ricorrente di possibili disastri legati al riscaldamento globale e ai suoi effetti ambientali, particolarmente frequente tra gli adolescenti e i giovani” (per ulteriori approfondimenti è disponibile la sintesi in italiano del Policy Brief OMS).
Come possiamo osservare nella Fig. 2. «Classificazione basata sul documento dell’APA – American Psychological Association, 2017» del Policy Brief OMS 2022, a pag. 6, il cambiamento climatico e i percorsi di esposizione hanno un impatto decisivo sulla salute mentale.
A fronte di queste angoscianti novità, dal 2007 il modello MHPSS “salute mentale e supporto psicosociale”, è stato la base delle Linee Guida in contesti emergenziali dell’IASC – Inter-Agency Standing Committee. Con tale espressione ci si riferisce a “ogni tipo di supporto locale o esterno che promuove o protegge il benessere psicosociale e/o previene o cura i disturbi mentali”.
L’OMS dichiara “la salute mentale e il benessere psicosociale devono diventare uno dei focus principali delle azioni di protezione del clima”. Siamo solo agli albori di un lavoro in tal senso e il mondo oscilla tra rappresentazioni di sicurezza e di insicurezza.
In sintesi, abbiamo qui tentato di fare emergere una riflessione che spesso abita le stanze di terapia durante i colloqui, ossia l’ambivalenza del luogo sicuro/insicuro e il ruolo del nostro mondo interiore.
Non c’è nulla di più “ansiogeno” del dirti di cercare un posto sicuro esterno, quando questo non esiste o non è raggiungibile.
Diverse sono però le strade per raggiungere uno stato di calma e quiete ancorandosi al proprio corpo, in particolare al proprio respiro. Quindi, se il luogo non è di supporto, ricordati che il luogo principale di cura e benessere è dentro di te.
Ogni società produce rimedi specifici per i mali che l’affliggono. Ciascun rimedio, tuttavia, rischia di avere effetti iatrogeni, cioè di produrre degli effetti negativi oltre ai benefici. Oggi, i farmaci che agiscono sull’ansia, detti ansiolitici, sono tra i rimedi più diffusi per gli attacchi di panico, insieme ai percorsi psicologici e psicoterapeutici di varia matrice, ad esempio cognitivista, dinamica, gestaltistica.In particolare, la terapia farmacologica dell’ansia prevede l’utilizzo di benzodiazepine, antidepressivi (SSRI) e antipsicotici a basse dosi.
Le benzodiazepine, conosciute anche come farmaci ipnotici perché vengono utilizzate anche per i problemi del sonno, sono tra gli ansiolitici più diffusi, soprattutto in fase acuta.
Da molti anni le benzodiazepine sono il farmaco a carico dei cittadini maggiormente acquistato: l’AIFA certifica un aumento della crescita media annuale del loro uso pari al +5,2% dal 2015 al 2021.
Tuttavia, per il trattamento a lungo termine degli attacchi di panico, del cosiddetto disturbo da panico o d’ansia, viene generalmente utilizzata un’altra classi di farmaci: gli antidepressivi.
Per quale motivo?
Il sito della Direzione Centrale dei Servizi Antidroga del
Ministero riporta: “a livello medico, le benzodiazepine dovrebbero essere utilizzate soltanto come rimedio a breve termine per l’ansia e l’insonnia grave e inabilitante, in quanto tolleranza e dipendenza possono sopraggiungere anche dopo settimane dal momento in cui si è iniziato ad usarle”.
Iniziano infatti a destare molta preoccupazione la
diffusione, l’utilizzo e le modalità prescrittive di benzodiazepine tra medici e cittadini; ad esempio l’Istituto Superiore di Sanità ribadisce che queste debbano essere prescritte solo per le crisi e nel breve termine.
Tutto ciò non significa che le benzodiazepine siano, di per sè, nocive o dannose, ma che il modo in cui vengono tendenzialmente prescritte dai dottori e utilizzate dalle persone rischia di produrre più danni che benefici per la salute, soprattutto nel caso del comune utilizzo più prolungato del necessario.
Questo è legato al fatto che le benzodiazepine siano molto facili da utilizzare, assumere, acquistare ed essere prescritte rispetto a molte classi di farmaci pur causando una dipendenza molto più alta e rendendo più difficile lo scalaggio.
Il report “Benzodiazepine: uso, abuso e dipendenza. Dall’epidemiologia al trattamento” dell’unità operativa “Medicina delle Dipendenze” Policlinico G.B. Rossi – Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, sottolinea che: “il rapporto rischio/beneficio delle BZD rimane positivo nella maggior parte dei pazienti nel breve termine (2-4 settimane), ma non è stabilito oltre questo limite, soprattutto a causa della difficoltà nell’impedire che l’uso a breve termine si estenda a tempo indeterminato con il rischio di dipendenza.”
Oltre questo periodo, al di là dei possibili ma infrequenti effetti indesiderati nel breve termine, è molto probabile che il percorso di sospensione, se effettuato con poca cura e troppo rapidamente, possa portare a crisi di astinenza. Un altro caso per cui spesso l’uso di benzodiazepine è molto diffuso e per cui desta maggiore preoccupazione da parte degli specialisti che spesso li prescrivono è il suo uso ricreativo. Questo accade perchè spesso le benzodiazepine sono disponibili a casa, possono essere facilmente acquistate su internet oppure in giro, da compagnǝ e amicǝ e l’uso che ne consegue sfugge al controllo degli adulti e dei medici.
L’uso ricreativo delle benzodiazepine è spesso associato all’uso di altre sostanze psicoattive, come energy drink, o altre sostanze legali o illegali, che alterano la coscienza e rischiano di creare una pericolosa dipendenza.
È proprio per la difficoltà ad uscire dalla dipendenza da benzodiazepine che molte persone, in giro per il mondo, si definiscono Benzo warrior.
I Benzowarrior, condividendo la propria storia personale, provano a creare una consepevolezza sociale, fornendo consigli e informazioni pratiche, circa gli effetti collaterali dell’uso prolungato dalle benzodiazepine e forniscono strumenti per intraprendere percorsi di scalaggio e sospensione per questa classe di farmaci.Tuttavia, negli ultimi anni, molti altri addetti ai lavori, specialisti e non, si stanno ponendo il problema dello scalaggio e della sospensione per altre classi di farmaci, visto il problema dell’uso, consumo e delle modalità di prescrizione.
Ad esempio, l’International Institute for Psychiatric Drug Withdrawal (IIPDW), si sta concentrando sullo scalaggio degli antidepressivi, soprattutto in seguito alla rilevazione degli effetti indesiderati più rilevanti legati al loro uso quali, ad esempio, le difficoltà nella sfera sessuale e le sindromi di astinenza.Se sei interessato a questo argomento puoi consultare un nostro articolo qui.
Qualunque sia la tua situazione, non devi temere di assumere le benzodiazepine o altri psicofarmaci per un periodo di tempo congruo, né di sospenderle quando sarà arrivato il momento. Tuttavia, è importante che tu abbia ben presente quali siano i tuoi diritti e che tu sia messo nelle condizioni di avere un ruolo attivo nella scelta e sia informato anche sui loro rischi e sulla durata del trattamento, cosa che spesso, purtroppo, non accade.
In sintesi, abbiamo qui scelto di dare maggiormente voce alle preoccupazioni relative a un uso poco informato degli psicofarmaci perchè le pratiche e la cultura più diffusa ci informano diffusamente dei benefici, talvolta mettendo in ombra le maggiori criticità o le voci di chi le denuncia e prova a cambiare le cose.
Esistono tuttavia molti professionisti consapevoli dei rischi oltre che dei benefici delle sostanze prescritte, e comunità di cittadini che provano a fornire supporto per chi vuole evitare di aggiungere una dipendenza alla propria sofferenza. In questi casi, ricorda, non sei solo/a.

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