di Paul B. Preciado

ed. Feltrinelli, 2021

Discorso di un uomo trans, di un corpo non binario, davanti all’École de la cause freudienne in Francia.

“Non ho mai chiesto, né allora né oggi, che mi venisse ‘data’ la libertà. I potenti non smettono di promettere la libertà, ma come potrebbero dare ai subalterni qualcosa che nemmeno loro conoscono? […] Nessuno può darti ciò che non ha e che non ha mai conosciuto. […] La libertà di genere e sessuale non può in alcun modo essere una ripartizione più equa della violenza, né un’accettazione più pop dell’oppressione. La libertà è un tunnel che si scava a mani nude. La libertà è una via di uscita. La libertà – come questo nuovo nome col quale mi chiamate adesso o questa faccia vagamente irsuta che vedete davanti a voi – si costruisce”.

Per chi non conoscesse l’autore di questo libro, Paul B. Preciado è un filosofo, regista e curatore d’arte spagnolo. I suoi diversi lavori lo inseriscono ad oggi tra i principali esponenti della filosofia contemporanea e tra i massimi riferimenti negli studi di genere, le teorie queer, la biopolitica e sessualità. Il suo primo libro – Manifesto contra-sessuale (edito in italiano da Il dito e la luna), avente come bersaglio la cultura eterosessuale fallocratica, è stato acclamato dalla critica francese come ‘il libro rosso della teoria queer’, diventando un riferimento fondamentale per l’attivismo queer e trans europeo. La contra-sessualità, secondo Preciado, è una strategia di resistenza al dominio eterosociale, un sistema che supera il binomio sesso/genere per rafforzare il potere delle devianze. Lo scorso anno, attraverso il suo esordio da regista con l’ Orlando, la mia biografia politica, Preciado ci racconta la sua biografia, interrogandosi (e interrogandoci) sul cosa significhi abitare un nuovo corpo e un nuovo genere e, per farlo, si rifà alla voce di Orlando – il protagonista del romanzo di Virginia Woolf. Se l’Orlando di Woolf affrontava le implicazioni del che cosa significhi essere uomo o donna in un determinato contesto sociale, Preciado affronta un problema in più: che cosa significa sentire che il proprio corpo, e il proprio genere, non sono riconosciuti dalla società o dalle istituzioni che si abitano?

Per avvicinarvi a questo autore, abbiamo pensato di proporvi questo piccolo testo: sono un mostro che vi parla[1]. Non propriamente un libro, questo volume contiene una riproposizione del discorso integrale che Preciado ha sostenuto il 17 novembre 2019 al Palazzo dei congressi di Parigi in occasione delle giornate internazionali dell’École de la cause freudienne sul tema “Le donne in Psicoanalisi”. Chi è il mostro che vuole parlare ed essere ascoltato? Davanti agli accademici della psicoanalisi – professionisti per i quali lui sarebbe affetto dalla ‘mostruosità di chi vive nella transizione’, Preciado struttura questo discorso ispirandosi al lavoro kafkiano ‘Una relazione per un’Accademia’, nel quale troviamo una scimmia spiegare ad un congresso di scienziati che la soggettività umana è una gabbia paragonabile a una fatta di sbarre di metallo. A dimostrazione della potenza scomoda delle sue parole, Preciado non riesce a terminare il suo discorso, che viene però filmato e diffuso – in maniera frammentata – online. Decide allora di pubblicato integralmente, anche in italiano, per arricchire ed estendere il dibattito in Italia.

“Io mi rivolgo a voi dalla mia ‘gabbia’ di uomo trans. Io, corpo che il discorso medico e giuridico ha marchiato come ‘transessuale’, che la maggior parte delle vostre diagnosi descrivono come soggetto di una ‘metamorfosi impossibile’; io che, secondo la maggior parte delle vostre teorie, mi colloco al di là della nevrosi, sull’orlo o addirittura dentro la psicosi, incapace, secondo voi, di risolvere in modo adeguato un complesso di Edipo o vittima dell’invidia del pene. Ebbene, è da questa posizione di malato mentale a cui mi relegate che mi rivolgo a voi, in quanto scimmia-umano di una nuova era. Sono il mostro che vi parla. Il mostro che avete costruito con i vostri discorsi e le vostre pratiche cliniche. Sono il mostro che si alza dal lettino e prende la parola, non in quanto paziente, ma in quanto cittadino, in quanto vostro pari mostruoso”.

In questo piccolo ma densissimo e potente testo, Preciado non si sofferma nel parlare dell’omofobia e la transfobia che regna ancora oggi nelle nostre discipline e nei nostri campi di studio. Pagina dopo pagina accompagna invece il suo pubblico – e noi lettori – ad interrogarsi sulle radici binarie di genere delle pratiche psicologiche e psicoanalitiche e sulle trasformazioni necessarie da portare avanti. Trasformazioni da elaborare collettivamente, per costruire una nuova epistemologia capace di tenere conto e rendere conto della molteplicità dei viventi, senza ridurre il corpo alla sua forza riproduttiva eterosessuale, e che non legittimi la violenza etero-patriarcale e coloniale. “Invoco con tutto me stesso l’emergere di una psicanalisi mutante, all’altezza della mutazione di paradigma che stiamo vivendo.”

Non è un testo facile, ma la lettura è piacevole e – nonostante la complessità del linguaggio –  profondamente e visceralmente comprensibile. Irriverente e politico, ci consente di mettere in discussione tante di quelle credenze che ci circondano, nella vita e nelle discipline che pratichiamo, impregnante di nozioni binarie  che ci impediscono di vedere l’intero spettro dell’esperienza umana. Pagina dopo pagina ci esorta ad ‘evolverci – incorporando la varietà’.

“Oggi lo vedo chiaramente, se non fossi stato indifferente al mondo ordinato e cosiddetto felice della norma, se non fossi stato cacciato dalla mia stessa famiglia, se non avessi preferito la mia mostruosità alla vostra eterosessualità normale, se di fronte alla vostra sanità sessuale non avessi optato per la mia devianza sessuale, non avrei mai potuto sottrarmi.. o, per essere più precisi, decolonizzarmi, diseidentificarmi, debinarizzarmi. […]

Il corpo trans sta all’eterosessualità normativa come Lesbos sta all’Europa: una frontiera le cui estensione e forma si perpetuano esclusivamente tramite la violenza. Tagliare qui, incollare là, togliere questi organi, sostituirli con altri.

Il corpo trans è la colonia. Ogni giorno, in qualunque strada di Tijuana o di Los Angeles, di Atene o di Siviglia, un corpo trans viene ammazzato con la stessa impunità di una nuova occupazione da un lato o dall’altro del Giordano. La psicologia clinica e la medicina concorrono a una guerra per l’imposizione e la normalizzazione degli organi del corpo trans”.


[1]il titolo originale è in realtà posto in forma interrogativa Can the Monster speak?, volendo probabilmente richiamare il noto interrogativo di Spivak: Can the subalternspeak?

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