Nemesi medica. L’espropriazione della Salute (Ivan Illich, 1976)
I sistemi di cura producono sempre salute ? “Nemesi Medica. L’espropriazione della salute” mette in luce la paradossale nocività di un sistema medico che non conosce limiti. Illich analizza nel dettaglio tale nocività, manifestazione di quella che egli chiama “controproduttività specifica” che si verifica “tutte le volte che un’istituzione toglie alla società quelle cose che l’istituzione era destinata a fornire”. In questo caso salute.
La medicina rischia di (l’autore è meno cauto su questa possibilità) produrre malattia. Illich analizza i costi, medici, culturali e sociali, di tale nocività (la iatrogenesi). Pensiamo ad esempio, al giorno d’oggi, i danni sulla salute prodotti dalle emissioni derivanti dal sistema sanitario, o quelli legati alle collateralità di molti farmaci, o di prestazioni o procedure diagnostiche inappropriate, i danni derivanti dalla delega della cura ad un professionista, o alle concezione di vita, morte, dolore, malattia, sofferenza, efficienza, introdotte dai progressi della medicina e della scienza, alla medicalizzazione della società, a fenomeni come il disease mongering.
Tutti i discorsi di Illich sono sostenuti da una mole di documentazione bibliografica che tuttavia non appesantisce una lettura dal carattere fortemente umanista le cui considerazioni sono portate avanti, con altrettanto rigore appassionato, da moltissimi ricercatori e attivisti. Illich conclude, dopo una serrata analisi critica volta a demitizzare l’istituzione medica che considera un’epidemia sostenuta dalla presunzione (hubris) di chi cerca di acquistare gli attributi di Dio ricevendo in cambio la vendetta divina (nemesi), sostiene che l’unica via per riappropriarsi della salute consista nel prendere consapevolezza dei limiti della medicina.
Lo stesso può dirsi, mutatis mutandis, con la psicologia. Non sempre “più psicologia”, “psicologia per tutti” è un bene. Spesso rischiamo di dimenticarcelo.