di Wole Soyinka

ed. Bompiani, 2015

“… non potrebbe darsi che l’Africa stia ancora aspettando di essere scoperta? Stavolta in senso profondo, però, non geografico. Un continente che aspetta ancora di essere davvero scoperto – vale a dire virtualmente scavato, magia e realtà, mito e storia, difetti e bellezze, come in una sfida universale ai facili pregiudizi”.

“Africa” è una raccolta di saggi che discutono affermazioni in cui l’autore, Wole Soyinka – scrittore, poeta e drammaturgo nigeriano premio Nobel per la letteratura – si è imbattuto nel corso degli anni durante convegni, lezioni universitarie, tavole rotonde e programmi radiotelevisivi.

Con uno stile espositivo diretto e spesso tagliente, Soyinka argomenta in maniera lucidissima su una serie di temi, tra cui la relazione mente-corpo e i metodi di guarigione tradizionali, il rapporto tra religione, fanatismo, etica e spiritualità; le guerre, i conflitti e il terrorismo. Nel fare ciò, l’autore affronta e decostruisce alcuni dei più diffusi pregiudizi sul continente africano (“L’oscurità così prontamente attribuita al continente nero potrebbe rivelarsi nient’altro che una volontaria cataratta dell’osservatore, che ha offuscato una veritiera percezione del continente”), partendo talvolta da fatti di cronaca o attualità; in altri casi ripercorre le tracce della Storia, una storia ancora poco conosciuta e scritta per lo più dai potenti e dai vincitori.

Illuminanti e quanto mai attuali molti degli spunti contenuti nei testi, specialmente quelli che riguardano le dinamiche di potere a livello globale. Soyinka, con spirito critico talora feroce ma sempre con incrollabile speranza, propone chiavi di lettura alternative e possibili soluzioni ai problemi che riguardano il Pianeta tutto.

La realtà globale di oggi è fatta di acute polarizzazioni … […]. Le soluzioni alle alternative riguardanti lo spazio per il dominio delle idee possono venire solo da mondi alternativi che restano estranei a tali polarità, per quanto sempre più soggetti alle loro pressioni e alle loro richieste di schierarsi. L’Africa precoloniale […] è sopravvissuta alle violenze dei secoli e alla rovina spesso prolungata delle sue naturali strategie di sopravvivenza. Il valore dell’Africa per il mondo resta una fonte non ancora sfruttata”.

Soyinka vede nella spiritualità africana un terreno negletto, talvolta disprezzato, che potrebbe invece a suo parere dare risposta ad alcuni dei problemi materiali del mondo. Egli sottolinea che il continente africano ha espresso la sua spiritualità prima dell’avvento di Islam e Cristianesimo in forma non violenta e non costrittiva: “… la religione in Africa è sempre stata un modo per relazionarsi ai fenomeni che circondano l’uomo – comprese le forze invisibili – prima di tutto in maniera personale, ma anche collettivamente con riti di celebrazione e consolidamento della comunità. Il più famoso di questi sistemi è secondo molti quello del popolo yoruba, sulla costa occidentale della Nigeria, e può essere tranquillamente preso come paradigma della spiritualità dell’intero continente, ma non dove si mescola alle sette, […] che sono per lo più strumenti di potere […]. Tutte le religioni africane vivono di mediazioni – più o meno simboliche – fra l’entità umana e le forze che la circondano, e dal bisogno di invocare, placare o cooptare le forze della natura per la sopravvivenza della specie”. L’autore sceglie la spiritualità orisha del popolo yoruba come guida nella sua esplorazione, e come esempio di fede non invasiva, non egemonica, una fede umanistica: l’Ifa – cioè l’insieme dei precetti orisha – è più un principio di tolleranza e di continua ricerca spirituale che non un corpus di credenze strutturate, che tende all’armonizzazione delle fedi e non contempla il concetto di “Verità Ultima” o di “Rivelazione”, centrali nelle religioni monoteiste. Lo si potrebbe descrivere come una sorta di linguaggio etico-spirituale che contempla e abbraccia la complessità e i paradossi del vivere.

Da una parte ogni mortale è ritenuto portatore del proprio ‘ori’, o destino, nel mondo, dall’altra […] con le nostre mani reindirizziamo il nostro destino. La volontà, non la sottomissione, è la chiave. Gli esseri umani, non gli dèi, sono all’origine della metafisica”. […] Tra il fanatismo e la comunità, la religione orisha sceglie la comunità. L’orisha è comunità. La comunità è la base, il comune denominatore, il collante della società umana – questa è la lezione dell’orisha. […] Mentre la manifestazione collettiva della fede, terreno di coltura del fanatismo, consapevole o meno, è ristretta ai membri e, al contrario dell’ordine laico, è esclusiva per definizione, la comunità abbraccia tutti: questo sostiene l’Ifa. […]. Al momento, il continente è spinto alla ribalta come ultima frontiera di quel conflitto in una nuova corsa all’Africa, e questa saggezza è ancora di là da venire. Più ottimisticamente, durante tale corsa, saranno rivelati dei valori nascosti, valori che conferiranno all’Africa uno status cui non è abituata: il ruolo vitale di Risorsa Culturale Globale e di Arbitro”.

Un testo luminoso e rivelatore, che si ostina ad indicare e preferire vie di saggezza e di mediazione al linguaggio della contrapposizione e della prevaricazione come unica possibile strategia di risoluzione dei conflitti.

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