di Franco Berardi
Nero Editions, 2021
In che modo le tecnologie digitali hanno riscritto il nostro orizzonte cognitivo? Quali conseguenze produce sulla nostra psiche la condizione di essere costantemente connessi a un automa algoritmico che disegna senza sosta un orizzonte personalizzato in base ai nostri gusti? E in che modo il capitale trae vantaggio da queste condizioni?
È partendo da queste domande-cardine che si potrebbe provare a descrivere il progetto di ricerca che anima le pagine di E: La congiunzione. Un libro-mondo che il suo autore, lo scrittore e filosofo bolognese Franco “Bifo” Berardi, non smette di scrivere e riscrivere da molti anni nel tentativo di provare a mappare quella che lui chiama “la grande trasformazione”, ovvero quel groviglio di cambiamenti con cui le tecnologie digitali stanno incidendo la nostra mente e il nostro corpo. Un cambiamento alla cui base c’è la costante sostituzione delle sintesi congiuntive – ovvero i processi con cui un soggetto entra in relazione con altri corpi, in una dimensione di imprevedibilità – con le sintesi connettive – ovvero i processi con cui un soggetto entra in relazione con altri corpi, in una dimensione calcolata e prevedibile. È grazie a questa sostituzione che si realizza la cattura costante di più intima risorsa del nostro processo soggettivo (“la nostra percezione del tempo, la nostra sensibilità, il modo in cui ci relazioniamo a noi stessi e agli altri, la nostra capacità di immaginare un futuro”) all’interno di quei processi automatizzati di quantificazione che ci rendono discreti e analizzabili all’occhio dell’automa cognitivo globale, ovvero il complesso di infrastrutture, software e concetti che regola e definisce la nostra condizione di esseri umani connessi in una rete digitale. Con tale cattura entrano in complicità la precarizzazione e la frattalizzazione del lavoro che “hanno provocato una mutazione profonda nella psicosfera che si traduce sempre di più in psicopatologie come il disturbo da stress post-traumatico, il panico, il deficit dell’attenzione”.
Insomma, invece che avvicinare il mondo e le persone come credevano gli utopisti a là Wired, le tecnologie digitali, sostiene Berardi, ci hanno isolato, rendendoci più soli e vulnerabili di fronte all’aggressione capitalista nei confronti delle nostre vite.
Come reagire a questa situazione? Per quanto passi come un autore pessimista, Berardi ha comunque una prospettiva che risponde a questa domanda. Non la riveliamo però, lasciando a chi vorrà leggere il libro la sorpresa (e il compito) di confrontarsi con una posizione che, per quanto non esenti da possibili critiche, resta comunque suggestiva e affascinante per chi lavora con la psiche delle persone.