di Nahla Abdo.

Pluto Press, 2014.

Con Captive Revolution, Nahla Abdo mette in luce quanto la presenza delle donne all’interno della storia delle lotte anti-imperialiste – ancora di più quando si parla delle freedom fighters palestinesi – sia stata trascurata e oscurata. All’interno di un processo di ricostruzione di questa storia, attraverso le testimonianze di alcune detenute politiche palestinesi, Abdo ci presenta alcune delle critiche più incisive al femminismo orientalista e alla persistenza del razzismo nell’occupazione israeliana in Palestina”. Angela Davis.

Questo saggio ci offre un potente e importante sguardo sul ruolo delle donne all’interno dei movimenti di resistenza, con un approfondimento particolare alla vita e alle lotte delle donne palestinesi imprigionate nelle carceri israeliane tra gli anni ’60 e gli anni ’80.  Scritto quasi dieci anni fa ma ancora purtroppo molto attuale, il libro di Nahla Abdo ci fornisce strumenti fondamentali per aiutarci a comprendere e a guardare criticamente le attuali forme di imperialismo, colonialismo e l’ideologia orientalista e razzista che le sottende e rinforza (vedi L’Orientalismo, Edward Said, 1991).

All’interno dei primi capitoli ci accompagna dentro una forte critica alla letteratura femminista occidentale – critica importante da leggere e conoscere soprattutto per chi di noi viene da e rappresenta le WEIRD societies nel mondo (acronimo delle società Western, educated, industrialized, rich and democratic) – che troppo spesso ha dipinto ritratti avvilenti delle donne arabe, delle loro attività e del loro attivismo. I femminismi orientalisti sono infatti tra i responsabili di aver costruito una rappresentazione delle donne arabe e musulmane come prive di agentività, individui impotenti, sottomessi e oppressi dai loro uomini, dalla loro cultura, dalla loro religione.

La scrittrice recupera il linguaggio dell’anti-colonialismo e dell’anti-imperialismo per condurci poi in una analisi storica e una potente riflessione sui ‘nuovi mantra’ legati alla promozione e esportazione della democrazia occidentale e del libero mercato, mostrandoci uno sguardo diverso da quello che siamo abituati a leggere sui nostri giornali.

Inoltrandoci nel cuore del libro – purtroppo disponibile solo nella sua versione originale in lingua inglese – l’autrice raccoglie diverse testimonianze di donne palestinesi che hanno dovuto vivere e sopportare l’incarcerazione nelle prigioni israeliane senza processo, le torture, le violenze e le umiliazioni subite. Attraverso le sue e le loro parole, ci permette di accedere ad una prima, nuova, rappresentazione dell’impegno di queste donne, della loro lotta per proteggere la loro terra, la loro famiglia, la loro libertà. Conclude ricordandoci che è compito del femminismo vero – anti oppressivo, transnazionale, costituito da donne, uomini e persone di ogni altro genere – raccontare e portare avanti questi racconti, studi e sguardi nella quotidianità di tutti i giorni.

Consapevoli della complessità del libro, possiamo garantire che la lettura vale tutto lo sforzo!


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