di Goliarda Sapienza

La nave di Teseo, 2019 (edito per la prima volta per Garzanti nel 1969)

“Ogni individuo ha il suo segreto che porta chiuso in sé fin dalla nascita, segreto di profumo di tiglio, di rosa, di gelsomino, profumo segreto sempre diverso sempre nuovo unico irripetibile, segreto di impronte digitali graffito inesplicabile sempre nuovo diverso sempre unico irripetibile. Segreto di occhi azzurri, eco del segreto dello spazio segreto di occhi neri, eco del segreto della notte segreto di occhi grigi, eco del segreto di disegno di nuvole sempre dissimile, impensato segreto di occhi verdi, eco del segreto di profondità marine danzanti di alberi di corallo, alberi di sangue? Segreto di sangue pietrificato.. ogni individuo ha il suo segreto.. non violate questo segreto, non lo sezionate, non lo catalogate per vostra tranquillità, per paura di percepire il profumo del vostro segreto sconosciuto e insondabile a voi stessi.”

Filo di mezzogiorno, secondo romanzo di Goliarda Sapienza, viene alla luce due anni dopo Lettera Aperta, nel 1969. Doveva far parte di un ciclo autobiografico, ‘un’autobiografia delle contraddizioni’ la definiva Goliarda, in tre volumi. Il terzo volume non è mai stato scritto, o forse è stato scritto in forma romanzata: sarà L’arte della gioia, uscito postumo nel 1998.

Goliarda nasce a Catania il 10 maggio del 1924, da madre sindacalista (Maria Giudice) e padre avvocato socialista (Giuseppe Sapienza) che insieme dirigono il giornale ‘Unione’ e partecipano attivamente alle lotte per l’espropriazione delle terre in Sicilia. Si traferisce a Roma negli anni 40, dove comincia l’Accademia d’Arte drammatica e la sua carriera d’attrice e artista. Goliarda frequenta ambiti esclusivi, lavora con registi importanti e prende parte attiva all’interno della corrente del neorealismo italiano, imparandone a riconoscere grandezze e contraddizioni.

I suoi scritti sono – o dovrebbero – divenire classici del Novecento. In questo racconto autobiografico ci troviamo nel ’62, quando la scrittrice venne ricoverata d’urgenza all’interno del Policlinico di Roma, nel reparto psichiatrico, in seguito ad un tentativo di suicidio. Qui venne sottoposta a diverse sedute di elettroshock, dalle quali fu salvata grazie al suo compagno di allora, Citto Maselli e all’analista Ignazio Majore, che iniziò personalmente a seguire Goliarda in un percorso di analisi.

Il Filo di mezzogiorno “è un libro di amore”, scrive Angelo Pellegrino nella sua prefazione, “d’amore per l’analisi. Goliarda non l’avrebbe mai scritto, e non certo così, se non avesse sperimentato di persona il beneficio a tutto campo, psichico e artistico cioè, ricevuto da quella terapia, pur drammatica, iniziata nel 1962. Nello stesso tempo, è un libro di critica ad una certa psicoanalisi”.

Ed è proprio così, in un romanzo breve ma intensissimo, Goliarda Sapienza ripercorre la sua analisi – che prende vita ogni giorno a mezzogiorno –  con Majore. Un potentissimo percorso che inizia nel buio dove, senza memoria e senza appigli, ci ritroviamo all’interno di piani temporali confusi, tra personaggi del presente e del passato, che si incontrano, si sovrappongono, si condizionano. Pagina dopo pagina, seduta dopo seduta, Goliarda riesce in qualcosa che parrebbe impossibile: mettere in parole – e quali parole – un’esperienza emotiva, cognitiva, intellettiva unica che avviene all’interno della relazione analitica, con l’incontro e lo scontro di fragilità e forze, e che le consente di rintracciare il filo della sua esistenza. In questa lettura Goliarda ci conduce anche nella trasformazione della sua analisi, da un’analisi d’amore ad un’analisi selvaggia, come la definisce Pellegrino facendo riferimento a quel Far West in cui l’Italia era inserita per quanto riguardava l’ambito psicoanalitico negli anni 50. Psichicamente sedotta, viene infatti abbandonata a metà strada, dopo – con le parole di Goliarda – aver portato alla luce vecchie piaghe cicatrizzate da compensi e ricucite con la fretta alla meno peggio.

Senza svelarvi troppo, possiamo assicurare che leggere Il Filo di mezzogiorno, come scrive Giovanna Providenti nell’enciclopedia delle donne, ci mette in contatto diretto con il desiderio di autenticità che Goliarda riusciva a trasmettere agli altri, e in questa lettura a noi stessi, attraverso una scrittura politica e intimista al tempo stesso, che svela l’estrema problematicità dell’esistenza umana, ma anche la prospettiva di una vita migliore: se si osa contattare ogni parte di sé, senza escludere sofferenze, ambiguità, bugie, contraddizioni, paure, desideri e delitti, simbolici e reali.

Abbiamo scelto di presentarvi questo romanzo, ma non dimentichiamo la potenza di tutti gli altri suoi scritti, lasciandovi qui qualche titolo per cominciare o continuare:

  • L’arte della Gioia (Einaudi)
  • Lettera Aperta (Sellerio)
  • L’Università di Rebibbia (Rizzoli)

Per i lettori amanti del teatro, consigliamo di controllare le rassegne della propria città: Il filo di Mezzogiorno è stato portato in scena dal regista Mario Martone, con Donatella Finocchiaro e Roberto De Francesco!

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