Dopo alcuni anni di impegno è finalmente uscita la versione italiana del Power Threat Meaning Framework (PTMF).

La traduzione è stata da noi curata insieme ad altre realtà e attori, con il supporto della Società Italiana di Psicologia di Comunità (SIPCO).

Si tratta di un modello operativo, co-creato insieme ad esperti per esperienza e sopravvissuti dei servizi, prodotto dalla British Society of Psychologist, di cui abbiamo parlato qui, con l’obiettivo di trasformare le pratiche cliniche, alla luce di concezioni e pratiche critiche e politiche della clinica.
Tuttavia, l’ambito clinico non rappresenta l’unico ambito di applicazione del modello che può portare, ad esempio, ad un arricchimento delle strategie di salute pubblica (Harper 2023).

Riportiamo la breve introduzione alla traduzione:

“La traduzione italiana del PTM Framework punta ad arricchire il bagaglio teorico-pratico della clinica, operata dentro e fuori le istituzioni, soprattutto in riferimento alla possibilità di acquisire uno sguardo e un posizionamento critico e politicamente consapevole sul mandato della propria disciplina. In Italia la comunità professionale della psicologia clinica vive scetticamente qualsiasi intrusione di riferimenti esplicitamente sociopolitici; in questa rigida separazione tra politico e clinico diventa impossibile qualsiasi interrogazione sulle implicazioni più generali della propria pratica, sia in termini epistemologici sia in termini di accessibilità, salute pubblica, organizzazione delle cure e integrazione nel sistema dei servizi. Neanche l’uscita del DSM5 (in risposta a cui in Gran Bretagna ha preso avvio il processo in cui si inscrive la stesura del PTM da parte della Società Psicologica Britannica) ha prodotto, tra le fila della psicologia clinica italiana alcun movimento per la costruzione di alternative alla medicalizzazione da esso determinato e nessuna riflessione sul rapporto tra i valori impliciti che esprime e la temperie sociopolitica dominante. 

Nella mancanza di paradigmi alternativi la psicologia clinica si condanna ad essere lo strumento del mero riadattamento al mondo nelle modalità del “soft power”, alimenta il proprio prestigio riproducendo l’abilismo, il produttivismo e la violenza sistemica da cui sorge gran parte di quella sofferenza sulla quale essa si legittima come sapere professionale deputato al trattamento correttivo. Nell’ambito pubblico come in quello privato, piuttosto che lavorare in un’ottica di salute collettiva e comunitaria, la psicologia contribuisce a riprodurre la segmentazione delle tipologie di utenza a scapito dell’universalismo dei servizi, la patologizzazione e l’individualizzazione delle contraddizioni sociali, la ritraumatizzazione causata dai sistemi di presa in carico. Tale arretratezza è fronteggiabile solo tramite una concezione politica della clinica, che operi sia nella concretezza dei servizi, sia sul piano dell’epistemologia e della teoria, con possibili esiti migliorativi sulle forme di trattamento e sulla salute della cittadinanza. Di seguito vediamo una serie di riflessioni e premesse teoriche che condividiamo con il gruppo estensore del PTM. 

Sulla base della constatazione che i modelli diagnostici psichiatrici hanno fallito nel tentare di riprodurre il processo formalizzato dall’uso delle diagnosi in medicina – principalmente per la difficoltà nel fare corrispondere i problemi soggettivamente percepiti con modelli generali già identificati, capaci di fornire indicazioni utili per predire sviluppi e porre in essere interventi efficaci – il gruppo che ha realizzato il PTM si è posto l’obiettivo di indicare una prima possibile sistematizzazione delle acquisizioni teoriche alternative, emerse nello sforzo di capire e alleviare il disagio emotivo, le esperienze inusuali e i comportamenti disturbati o disturbanti in una prospettiva non-diagnostica. 

Dal punto di vista filosofico si è trattato di questionare gli assunti, ancora imbrigliati nel positivismo ottocentesco, operanti nella ingenua classificazione di stati d’animo, condizioni esistenziali e comportamenti come scomponibili in serie di variabili misurabili e nella congetturata sussistenza di modelli semplicisticamente lineari di interazione tra queste variabili – da cui inevitabilmente risulta una rappresentazione distorta dei rapporti tra corpo, contesto sociale ed esperienza psicologica. L’altro punto che si è dovuto superare è la supposta neutralità della posizione dell’osservatore, che in realtà tende inevitabilmente a merginalizzare evidenze, esperienze e testimonianze prodotte al di fuori dai parametri positivistici. 

Con l’obiettivo filosofico e politico di riconoscere le operazioni del potere la rilevanza della giustizia sociale nell’esperienza umana, il gruppo estensore del PTM fa tesoro di un ampio novero di contributi teorici per compiere le sue elaborazioni: da quelli cognitivi a quelli dialogici del costruzionismo sociale, dal comportamentismo radicale all’approccio ermeneutico-interpetativo di Esterson e Laing. La posizione del gruppo estensore del PTM è che anche approcci ricollegati a istanze positivistiche (e che hanno avuto un ruolo nella formalizzazione oggettivistica della categorizzazione diagnostica) possono essere usati in forme alternative. Allo stesso modo la psicoanalisi viene usata tenendo conto che, pur criticando la limitatezza eziologica degli impianti classificatori oggi dominanti, non ha mai messo in discussione il progetto classificatorio in sé – critica estesa anche alla fenomenologia (nonostante anche essa sia tenuta in seria considerazione come presupposto). Sono allo stesso modo usati il realismo critico e le filosofie processuali, sistemiche ed ecologiche, gli approcci di liberazione e giustizia sociale, gli approcci dei movimenti di users e survivors, le prospettive femministe e la psicologia indigena. 

Power Threat Meaning Framework si può tradurre come “Modello teorico sui significati attribuibili alle minacce percepite in relazione alle azioni e alle forme strutturali di potere”; per preservare l’incisività della lingua inglese abbiamo quasi sempre ritenuto opportuno mantenere la dicitura originaria. In coerenza rispetto al contenuto e al metodo con cui è stato prodotto il PTM – in un processo di costante confronto tra saperi clinici e saperi esperienziali – abbiamo costituito il gruppo impegnato nella traduzione coinvolgendo attivstə, survivors, soggettività neurodivergenti, persone impegnate nella ricerca sociale e nella prassi politica, oltre che nella clinica, nei servizi di salute mentale e nell’associazionismo. 

Ringraziamo per il sostegno la Società Italiana di Psicologia di Comunità (SIPCO) e le presidenti, Fortuna Procentese ed Elena Marta, senza cui questa traduzione non avrebbe preso vita e la Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica (SIEP).

Il gruppo di traduzione, in ordine alfabetico, è composto da: Atti Lorenzo; Antoniol Valentina, Barausse Sara, Ruben David, Bartiromo Rosa, Bedini Renata, Berta Stefano, Bessone Matteo, Biagini Rossella, Casadio Roberta, Lorusso Maric*, Negrogno Luca, Romagnoni Margherita, Sarasso Pietro, Tamelli Filippo, Tarantino Chiara, Valletta Luana.

Edizione italiana a cura di, in ordine alfabetico: Berta Stefano, Bessone Matteo, Negrogno Luca, Sarasso Pietro, Tarantino Chiara.”

Qui è possibile trovare le prime pagine e l’indice.
La versione intera della versione breve è disponibile sul sito della SIPCO e potete contattarci tramite mail per riceverla gratuitamente all’indirizzo info@sportellotiascolto.it.

Qui potete inoltre trovare la versione integrale in lingua inglese.



Bibliografia:

Harper, D. J. (2023). De-medicalising public mental health with the Power Threat Meaning Framework. Perspectives in Public Health143(3), 151-155.

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